L'IPOCRISIA ANTICACCIA FOMENTA IL BRACCONAGGIO

lunedì 21 luglio 2014


Kendall Jones e Axelle Despiegelaere non si conoscono ma hanno una storia molto simile. Bellissime, improvvisamente popolari grazie alla grande rete e cacciatrici. Entrambe pubblicano foto di trofei di caccia, non proprio alla portata di tutti, ed immancabilmente finiscono vittime della furia dei cosiddetti amanti degli animali. Mentre Axelle, tifosa belga inquadrata a ripetizione dagli spalti del Mondiale, ha perso un ingaggio da modella con il marchio L'Oreal, che probabilmente ha deciso semplicemente di adeguarsi al target di mercato, Kendall ha subito un vero e proprio linciaggio virtuale. Le sue immagini hanno avuto un'eco virale sul social network e di conseguenza, su di lei si sono riversati migliaia di commenti indignati infarciti di insulti irripetibili. La ragazza, una texana d'acciaio, non si è lasciata scalfire e ha risposto alle infamie con i fatti. Ha preferito lasciar parlare la realtà, portando numeri che dimostrano come l'Africa abbia un disperato bisogno dei cacciatori, quelli che pagano in dollari sonanti un trofeo o una pelle di leone. "Sul finire degli anni '70 - ha scritto per esempio in quei giorni - il Kenya ha dichiarato illegale la caccia, aprendo di fatto le porte al bracconaggio. Da allora il Paese ha perso l'85% delle sue specie selvagge".

Chi pensa sia immorale sparare a specie in via d'estinzione (a quanto pare anche Facebook che è intervenuto a cancellare le foto della giovane) acquistando quote costosissime nelle riserve dei grandi parchi africani, non ha idea della situazione, tragica e insostenibile che coinvolge diversi Stati africani, dove la caccia illegale non è un passatempo, ma un vero e proprio business spietato in mano alla criminalità organizzata. Nel complesso del continente vengono uccisi illegalmente tra i 20.000 e i 25.000 elefanti all’anno, su una popolazione stimata tra 420.000 ed i 650.000 esemplari. Per capire l'enorme impatto di questa attività sulla specie, basti pensare che la popolazione degli elefanti è diminuita di circa il 62% tra il 2002 e il 2011.

Non sono gli americani a trucidare elefanti (tra cui il famoso Satao, il più vecchio elefante d'Africa, ucciso a giugno per privarlo delle sue lunghe zanne) ma i terroristi locali che si procurano avorio da rivendere sul mercato nero. Lo scandalo non è quindi che i bianchi arrivino in jeep e facciano vacanze di lusso per concretizzare il sogno di un'avventura nella savana, ma che la fauna selvatica sia esposta ad un tale peso che porta dritto dritto verso l'estinzione e al depauperamento di interi ecosistemi. Tutto questo in un contesto in cui migliaia di bambini muoiono per mancanza di medicinali e cibo e milioni di persone vivono nella povertà più assoluta.

Non ci vuole Einstein per capire che è proprio questo il terreno più fertile per l'esplosione dell'illegalità. Se non esiste un sistema assistenziale, se non ci sono fonti di reddito, a queste persone non rimane che diventare dei fuorilegge e uccidere elefanti per ricavarne qualcosa. E' un fatto che dove ci sono riserve pensate per attirare il turismo venatorio, questi fenomeni devastanti si attenuano o addirittura si annullano. Attorno a questi grossi parchi si sviluppa occupazione e si gettano le basi per la cura delle risorse ambientali. I soldi per la protezione delle specie a rischio ci sono ed è possibile organizzare vere e proprie sorveglianze armate a difesa degli animali dal bracconaggio.

Risultati eccezionali per la protezione reale della fauna, la caccia ne ottiene ovunque. In America è da poco uscito un opuscolo, pubblicato anche su internet, che elenca tutti gli sforzi resi possibili grazie ai cacciatori e alle loro tasse e che documenta l'impatto positivo della caccia sull'economia del Paese.

Grazie al denaro e al duro lavoro investito dai cacciatori per ripristinare e conservare l'habitat - scrive anche Kendall Jones sulla propria pagina facebook, citando il rapporto dell'NSSF -, oggi in Nord America ci sono più di un milione di alci (erano 41 mila nel 1907); 32 milioni di cervi (nel 1900 erano 500 mila); 7 milioni di tacchini selvatici (nel 1900 erano 100 mila); 44 milioni di anatre; 1,1 milioni di antilocapre (nel 1950 erano solo 12 mila). Senza contare che il ripristino di habitat da parte dei cacciatori è sicuramente attività propedeutica alla crescita di innumerevoli altre specie non cacciabili e della flora.


Se non bastasse, parliamo di soldi. Sempre in America, i cacciatori pagano di tasse 796 milioni di dollari l'anno, reinvestiti in programmi di conservazione, cui si aggiungono 440 milioni di dollari l'anno versati dalle associazioni venatorie in programmi di tutela della natura. La tassa dell'11% sulla vendita di armi e munizioni finora ha raccolto 7,2 miliardi di dollari per la conservazione della fauna selvatica, ovvero 371 milioni di dollari l'anno. Anche in Italia possiamo vantarci di essere i primi tutori del patrimonio faunistico, visto che l'intero impianto per la protezione faunistico-ambientale è basato sugli introiti derivanti dall'attività venatoria. Forse è venuto il tempo di fare i conti italiani e presentarli alle varie associazioni ambientaliste, che si vantano di tanti successi, mentre in realtà sono mantenute, di fatto, da ogni singolo cacciatore.


Cinzia Funcis