Wilderness Italia Ieri alle 16.02
Comunicato Stampa
Non è comprensibile come si possa accettare l’idea che un animale come il lupo possa vivere liberamente nelle zone iper-urbanizzate e coltivate dell’Europa centro meridionale senza che crei problemi alla vita dell’uomo, sia per predazioni sul bestiame ed altri animali domestici sia per rischio di aggressioni all’uomo che, proprio come conseguenza della sua
confidenza dovuta alla frequentazione di zone fortemente abitate, sono da ritenersi altamente plausibili come stanno a dimostrare i tanti similari attacchi all’uomo da parte di cani. Non esiste al mondo una Nazione dove si consenta la vita ad animali predatori di grossa molte anche nelle vicinanze delle zone densamente abitate dall’uomo, quindi una politica di contenimento numerico si sta facendo sempre più urgente, anche in previsione delle nascite di questa primavera, per cui le popolazioni di lupi subiranno una crescita esponenziale difficile da valutare. D’altro canto, non si capisce come la presenza di branchi di cani randagi sia considerata un pericolo per l’uomo tanto che le leggi ne prevedono l’eliminazione mediante cattura (e, se del caso, anche uccisione) e poi si accetti la presenza di branchi di lupi che, assuefatti all’uomo, possono divenire altrettanto pericolosi! C’è un incongruenza in tutto ciò, che si può spiegare solo con un atteggiamento da “lupofilia”, comprensibile umanamente, ma non biologicamente! Se non si vuole che il lupo sia nuovamente sterminato, bisogna che le autorità provvedano a mantenere basso il livello della loro presenza, altrimenti i cittadini si sentiranno in dovere di intervenire di persona per tutelare i propri interessi e la propria incolumità per un’umana e comprensibile reazione di paura (che non si scaccia diffondendo discutibili – se non decisamente ipocrite – e non provabili buoniste tesi da manuale!) a fronte dei troppi fatti reali di cui il popolo viene a conoscenza. Il problema e la paura del lupo si risolvono impedendo ai lupi di vivere nelle aree cosiddette civilizzate e mantenendo basso (il che vuole dire in equilibrio) il loro numero in quelle ad alto tasso di naturalità.
Poi c’è il problema dei lupi nelle Alpi, che proprio perché già trattati come popolazione a se stante sono indiretta prova della loro scindibilità geografica e genetica dalla popolazione meridionale appenninica, quella sì, di sicura origine naturale. Sul Corriere della Sera di ieri è apparso il seguente titolo a cinque colonne, riferito alla recente notizia della caduta di un airbus nelle Alpi francesi: “ACCENDONO ROGHI PER TENERE LONTANI I LUPI”! E poi vorrebbero farci credere che la dismisurata presenza di lupi nelle Alpi franco-piemontesi abbia avuto origine da rari individui giunti dall’Appennino (lasciando praticamente “vuoto” il grande spazio tra il cuneese e la Toscana, dove ancora oggi sono presenti solo sparuti e modesti branchi tra La Spezia e Genova; area che solo negli ultimi anni si sta lentamente colmando per il sempre più frequente arrivo di lupi da ovest, ovvero dal Piemonte e quindi dalla Francia, mentre è scarso o irrilevante l’arrivo dagli Appennini).
In Francia qualche anno fa fu aperta una Commissione parlamentare d’inchiesta, la quale pur con alcuni dubbi, concluse i lavori asserendo che quei lupi molto probabilmente non provenivano dall’Italia ma avevano bensì origini francesi, ovvero liberazioni ad opera di persone amanti dei lupi, e fatte con esemplari che erano stati tenuti in cattività in uno o più dei tanti recinti che esistevano (e certamente esistono ancora) in quel Paese (la Commissione ne inventariò una sessantina!). Oggi ci vorrebbe un’altra Commissione d’inchiesta, ma franco-svizzero-italiana se si vuole giungere alla verità!
In merito a queste problematiche si diffonde il seguente Documento che il Consiglio Direttivo dell’AIW ha recentemente approvato quale posizione ufficiale dell’Associazione.
SULLA PROBLEMATICA DEL LUPO IN ITALIA
DOCUMENTO UFFICIALE DELL’AIW
1. Il Lupo è specie da sempre appartenente alla fauna italiana e per tale ragione da ritenersi in diritto di continuare ad esistere per il rispetto della biodiversità originaria dei luoghi, ed anche per la sua funzione predatoria e quindi di controllo (numerico e sanitario) sulle altre popolazioni di animali selvatici.
2. Per il fascino che ha sempre suscitato nell’uomo, ma anche per l’atavica paura che tanti ne hanno, il lupo rappresenta per l’AIW il maggior simbolo vivente della nostra Natura selvaggia; tanto da essere stato scelto già da molto tempo come logo minore dell’Associazione.
3. L’AIW condivide quindi la necessità che forme di tutela della specie siano comunque necessarie, affinché non si debba nuovamente correre il rischio di una sua estinzione, cosa che la caratterizzò nel passato.
4. Nonostante questo, l’AIW ritiene che la popolazione del Lupo oggi in Italia abbia superato ampiamente la soglia di sicurezza e che pertanto rappresenti una minaccia agli allevamenti del bestiame domestico (ma anche ad animali di affezione e/o ausiliari da caccia e da tartufi), con danni economici seri che non sempre sono rimborsati a chi li subisce e non sempre nella quantità realmente subita.
5. L’AIW valuta il fatto che a causa della suddetta predazione si possano suscitare reazioni negative di autodifesa dei propri interessi difficilmente controllabili dalle autorità pubbliche e dai corpi di vigilanza rurale, cosa che sottopone ad alto rischio anche la sopravvivenza di altre rare specie di fauna, quali orsi, tassi, martore, aquile ecc.
6. Ritiene quindi che il primo atto od impegno delle autorità nel difendere il diritto alla vita del Lupo ed impedire azioni di autocontrollo, sia quello di provvedere al pagamento dei danni nella forma più rapida e più completa possibile, compresi quelli indiretti, e/o con provvedimenti legislativi che prevedano incentivi economici e/o sgravi fiscali per la pastorizia soggetta a subire danni dalla presenza del Lupo.
7. Per la stessa ragione, l’AIW non è aprioristicamente contraria ad ogni iniziativa che serva a mantenere la popolazione del Lupo a livelli numerici accettabili ed in equilibrio con le potenzialità alimentari dei territori in cui vive, siano esse di origini naturali o di origine antropica. Fermo restando che tali interventi non si operino nelle aree dove la presenza del Lupo sia chiaramente minima se non addirittura scarsa.
8. In merito, ritiene che la soluzione ideale dovrebbe essere quella adottata nello Stato del Minnesota (USA), ovvero: vasti territori perlopiù di ambiente naturale dove il lupo sia assolutamente protetto; una fascia circostante dove in caso di danni segnalati le guardie siano autorizzate ad abbatterli; ed una terza fascia comprendente territori perlopiù urbanizzati e/o agricoli dove chiunque subisca danni o si senta minacciato (compresi i propri animali di affezione o ausiliari da caccia o da tartufi) sia autorizzato ad abbatterli personalmente qualora munito di porto d’arma, con l’obbligo di segnalarlo al più presto alle autorità.
9. Per quanto attiene al Lupo nelle Alpi, l’AIW condivide le motivazioni che hanno fino ad oggi spinto Franco Zunino a ritenere che essi siano prevalentemente di origine francese, provenienti da liberazioni avvenute in passato in quella nazione ad opera di persone che li detenevano in cattività. In ciò, supportata dalla Relazione della Commissione d’inchiesta del Parlamento francese («Rapport N. 825 Commission d’enquête “Prédateurs et pastoralisme de montagne: priorité à l’Homme”», che a questa tesi giunse ritenendola la più probabile spiegazione dell’origine di questa popolazione.
10. In tal caso l’AIW ritiene che assolutamente non debba permettersi che questa popolazione alpina si estenda verso quella appenninica, in quanto rischierebbe di ibridare la sottospecie autoctona del Lupo meridionale, la cui differenza fenotipica è stata ampiamente riconosciuta ed accettata da quanti studiano quest’animale.
11. Sulla ipotizzata pericolosità per l’uomo, l’AIW ritiene che essa non possa escludersi, anzi che possa ritenersi sufficientemente plausibile qualora il numero dei lupi non sia tenuto basso, ragione per cui la popolazione (e quindi i branchi) possano andare incontro ad una crescita tale da rappresentare un pericolo. Per questo l’AIW rigetta aprioristicamente la tesi sulla assoluta non pericolosità del Lupo anche perché storicamente ed anche recentemente si sono verificati diversi fatti documentati su questo rischio o accadimento, fatti riportati o accettati da autorità riconosciute e/o da loro documenti, anche storici, con evidenti crismi di autenticità e credibilità. L’AIW rigetta quindi il “dogma” animalista dell’assoluta non pericolosità del Lupo.
Murialdo, 26 Marzo 2015 Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness